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Impermeabilizzazioni
- Scale esterne
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Nel caso in cui si tratti di una scala e ballatoio esterno (fig.54 e fig.55) sopra il getto di completamento delle rampe, o sopra la soletta del ballatoio, è indispensabile applicare un manto impermeabile monostrato costituito da una membrana bituminosa prefabbricata di peso = 4 kg/mq armata, applicata a fiamma, previa spalmatura di bitume a caldo, con sovrapposizioni = 10 cm, e risvolti lungo le pareti laterali e sotto-intonaco di altezza = 20 cm (5 di curvatura + 15 lungo la parete) e risvolti nei sotto-soglia delle porte che affacciano sul ballatoio; è evidente che, per proteggere il manto impermeabile dai movimenti di dilatazione termica della soprastante pavimentazione, deve essere predisposto, tra i due materiali, uno strato protettivo di tessuto non tessuto o un semplice carton feltro bitumato.
- Tradizionale
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(fig. 56) è il tipo di tecnologia più diffusa per i tetti piani e, per questo motivo, la quantità di soluzioni da esaminare sarebbe rilevante; perciò ci si limita ad esaminare quelle più generalizzabili.
Le tipologie delle coperture degli edifici, in relazione ai quali definire gli interventi, comunque, sono:
- tetti piani, tradizionali, rovesci, pavimentati o non;
- tetti inclinati a coppi o marsigliesi.
Diciamo subito che, per motivi pratici e di sintesi, ci occuperemo solo delle impermeabilizzazioni di tipo tradizionale delle coperture piane pavimentate. Relativamente all'impermeabilizzazione delle coperture piane va immediatamente detto che le soluzioni nate ed evolutesi nel tempo con le costruzioni in tufo - fino all'impermeabilizzazione costituita da vari strati di asfalto naturale, o cartonfeltro bitumato, stesi in opera a caldo - sono ormai desuete; di conseguenza si tratta di adattare agli edifici in tufo le soluzioni oggi disponibili come le guaine bituminose prefabbricate armate.
L'elasticità delle guaine, oggi disponibili, si presta meglio dell'asfalto naturale e del cartonfeltro bitumato, più fragili a sopportare i movimenti dovuti a deformazioni nel tempo di varia origine o a sollecitazioni sismiche.
Il punto critico dell'applicazione delle impermeabilizzazioni è il risvolto della stessa sulla muratura che costituisce il parapetto della copertura; se l'altezza di questa è contenuta entro i 40÷50 cm è necessario risvoltare l'impermeabilizzazione fino alla sommità della muratura, e proteggerla con delle scossaline metalliche preverniciate (per spessori murari contenuti) o con delle copertine lapidee di spessore = 3,00 cm, solidarizzate con la muratura sottostante, e provviste di gocciolatoio lungo entrambi i bordi degli elementi lapidei.
Quando l'altezza del parapetto di coronamento arriva ai 100÷120 cm l'usuale tecnica di sovrapposizione dell'intonaco all'impermeabilizzazione in asfalto o cartonfeltro non è più praticabile con i manti impermeabili oggi disponibili, in quanto la loro superficie liscia non consente all'intonaco un'efficiente aggrappaggio; tale tecnica può essere utilizzata solo nel caso in cui si utilizzino, come guaine di finitura del tetto, i tipi protetti da scaglie o da graniglia minuta lapidea.
In caso contrario sarà necessario chiodare sulla muratura, in corrispondenza della linea di confine tra l'impermeabilizzazione risvoltata sul parapetto e l'intonaco, un profilo a O, in plastica, lamiera zincata o alluminio, di contenimento dell'intonaco nella parte superiore e di bloccaggio dell'impermeabilizzazione nella parte inferiore; il manto impermeabile dovrà essere costituito da due membrane prefabbricate a base bituminosa armate con velovetro o juta, applicate a fiamma, previa spalmatura di bitume o primer sul piano di posa, disposte a doppio strato incrociato, con sovrapposizione dei teli = 10 cm, del peso complessivo = 6 kg/mq, e risvolti sulle pareti verticali di complessivi 20 cm, di cui 5 di curvatura.
E' evidente che, per proteggere il manto impermeabile dai movimenti di dilatazione termica della soprastante pavimentazione, deve essere predisposto, tra i due materiali, uno strato protettivo di tessuto non tessuto o un semplice carton feltro bitumato.
Va, inoltre, attentamente osservata sia la pendenza minima dell'impermeabilizzazione, che non può essere inferiore all'1÷2 %, sia l'efficienza degli impluvi rispetto all'imboccatura delle gronde.
- A tetto rovescio
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(fig. 57) una soluzione che si va diffondendo sempre più, nelle ristrutturazioni di edifici con coperture piane non calpestabili, è quella del tetto rovescio che ha il vantaggio di mantenere a contatto con l'interno, in funzione di volano termico, la massa del solaio e del relativo massetto delle pendenze, e di esporre all'esterno la barriera isolante, con una maggiore efficienza di tutto il sistema, rispetto a quello tradizionale.
La posizione dell'isolante, anche se il suo spessore è stato accuratamente calcolato, in determinate condizioni può produrre la formazione e la successiva condensazione di vapore all'intradosso del pannello; tale eventualità viene eliminata con la messa in opera, tra massetto e pannelli, del manto stesso di impermeabilizzazione; questa soluzione prevede ovviamente lo zavorramento dei materiali utilizzati, così leggeri, mediante la stesura di uno strato di ghiaietto vagliato, di spessore medio di 8÷12 cm.
Tale soluzione, da adottarsi, come abbiamo già ricordato, per i tetti piani non calpestabili, presenta la necessità, all'imboccatura delle pluviali, dell'adozione di griglie parafoglie cilindriche di altezza superiore a quella dello strato di ghiaietto e la necessità di una attenta manutenzione soprattutto in presenza di un regime di piogge a scroscio che possono modificare l'assetto del materiale messo in opera.
Anche in questo caso va attentamente osservata sia la pendenza minima dell'impermeabilizzazione, che non può essere inferiore all'1÷2 %, sia l'efficienza degli impluvi rispetto all'imboccatura delle gronde.
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