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 Scatola muraria


Consolidamento delle pareti murarie

La Normativa sismica vigente (D.M. 16/1/96) e quella specifica sul consolidamento degli edifici in muratura (D.M.LL.PP. 2/7/81 al punto 3.4.2., D.M. 20/11/87 e Circolare del M.LL.PP. 4/1/89 n. 30787), è stata via via aggiornata dopo il susseguirsi negli ultimi anni di eventi sismici in uno stesso territorio, dove evidentemente erano stati costruiti fabbricati le cui strutture già erano state realizzate oppure erano state riparate nel tempo, per cui l'ultimo evento sismico si poteva intendere come un collaudo a cui la struttura veniva sottoposta, ed il quadro fessurativo conseguente, ovvero lo studio dei danni subiti, hanno consentito di individuare gli accorgimenti tecnici migliorativi per ottenere un maggior grado di sicurezza; una notevole evoluzione, infatti, l'ha avuta la Normativa vigente negli ultimi venti anni, e cioè dopo il terremoto del 23 novembre dell'80 in Irpinia e nell'area napoletana, in particolar modo per quelli costruiti in tufo.

Ma quello a cui si deve dare giusta importanza, nel rispetto delle peculiarità tipologiche costruttive tradizionali e, perciò, tipiche degli edifici di Napoli, è che il tufo, così come la muratura realizzata con il tufo, ha caratteristiche cosiddette termoigrometriche molto accentuate, proprio per la caratteristica peculiare che questa pietra vulcanica ha, che è la microporosità; l'alto contenuto di pori, tutti collegati tra loro, consente, infatti, alla muratura di "respirare" o, come si dice in termini tecnici, consente la "traspiranza" della muratura; questo significa che durante l'inverno, quando le finestre sono, per buona parte della giornata, chiuse per il freddo, e la continua utilizzazione degli spazi interni produce vapore acqueo, l'umidità interna "passa" attraverso i pori della muratura e "sfoga" all'esterno evitando così al vapore acqueo di fermarsi sulla superficie dell'intonaco interno e di generare antiestetiche e malsane macchie di umidità; non solo:

  • la presenza dei pori determina un elevato potere isolante che resta tale se la muratura non viene impacchettata dalle paretine di betoncino che risultano impermeabili per l'elevato contenuto di cemento nell'impasto; e ancora:
  • la muratura "impacchettata" dalle paretine di betoncino armato non lavora sotto sisma perché è meno resistente delle placcature che, invece, proprio per questo, assorbono per prime tutte le sollecitazione sismiche, e così la muratura diventa solo un "peso" inutile, andando in aperto contrasto con uno dei principi fondamentali della Normativa antisismica (D.M.LL.PP. del 16/1/96 al capo C.9.3.1.a) che è quello della "riduzione delle masse non strutturali";

ma non basta:

  • la "placcatura" è una lavorazione bagnata e, perciò, l'acqua assorbita dalla muratura di tufo resta nella muratura stessa per molto tempo, non solo abbassando fino al 70% la capacità isolante, di cui abbiamo già detto, ma innescando il processo di ossidazione della rete metallica con la conseguente espulsione del betoncino soprastante e la pericolosa vanificazione dell'intervento di consolidamento;
  • in ultimo, ma non ultimo, l'acqua interna, passando nel tempo all'esterno, provoca fenomeni di sfaldamento e di continuo deterioramento dell'intonaco e della pittura di protezione e finitura.

Se, poi, analizziamo l'altra tecnologia prevista dalla Normativa, e, cioè, l'inserimento di strutture metalliche o in cemento armato all'interno della muratura stessa, anche in questo caso le considerazioni scientifiche vanno di pari passo con il buon senso; infatti, una struttura metallica o in cemento armato ha una rigidezza o una elasticità molto diversa da quella della muratura per cui ha delle caratteristiche di oscillazione durante un terremoto molto diverse tra loro, e questo può provocare fenomeni di vero e proprio "martellamento" che producono lo sbriciolamento della muratura di contatto con il conseguente indebolimento della struttura, sia localmente che globalmente; la critica a queste due tecnologie ha un maggior peso quando, come nel caso di zone a bassa sismicità l'intensità dei terremoti prevedibili è bassa, quando è possibile adottare tecnologie, come abbiamo già esposto, più "soft".

Altri discorsi andrebbero fatti, evidentemente, se dovessimo operare in zone di media o alta sismicità.
Per tutti questi motivi (fig. 11) l'intervento che risulta essere il più adatto alle zone a bassa sismicità, in generale, è quello della "sostruzione muraria", vera e propria sostituzione di parti di muratura fatiscente o ammalorata o manomessa con nuovi elementi lapidei, per realizzare, "per cantieri e sotto cantieri", un nuovo tessuto murario, di materiale perfettamente uguale all'originario (tufo - tufo, pietra - pietra, mattone - mattone), e sufficientemente "ammorsato" alla muratura circostante, per garantire la perfetta collaborazione tra il nuovo tessuto murario ed il vecchio.

Sostruzione muraria

(fig. 11) è la soluzione risultata più appropriata per il recupero degli edifici in tufo e per le caratteristiche di cui abbiamo già detto e che dobbiamo conservare; possiamo definirlo l'intervento più corretto anche per quanto riguarda il rispetto della Normativa antisismica in vigore, ma solo e soltanto rispettando scrupolosamente le regole pratiche citate, e che saranno suggerite a proposito degli altri interventi strutturali da eseguirsi; la regola che dobbiamo seguire in questo caso è che, spesso, possiamo trovarci di fronte a interi setti murari realizzati con una qualità di ogni singolo elemento, e/o della vera e propria "tessitura muraria", scadente, ovvero con un organizzazione estremamente caotica degli elementi, spesso non squadrati e di varia pezzatura, con approssimative chiusure di vecchi vani, di cavedi o canne di camini abbandonate; in questi casi si deve procedere al completo rifacimento dell' intero pannello utilizzando questa tecnica, conosciuta anche come "cuci e scuci" ovvero alla ricostruzione del "tessuto murario" in zone localizzate, rifacendo le chiusure dei vecchi varchi, eliminando i pericolosi vuoti murari dei vecchi cavedi incassati o delle vecchie canne fumarie anch'esse abbandonate, utilizzando però solo ed esclusivamente lo stesso materiale tufo-tufo, pietrame-pietrame, mattoni-mattoni, come anche si dovrà utilizzare la stessa malta comune o idraulica di pozzolana, usata per la struttura muraria originaria, nell'intento, fin troppo evidente, di inserire nella struttura originaria un elemento/pannello omogeneo che si comporterà, in caso di sisma o di normale assestamento della struttura nel tempo, in modo analogo ai setti circostanti; nel caso di "sostruzione muraria" diffusa e generalizzata si dovrà procedere per "cantieri e sotto cantieri", cosi come nel caso delle sottofondazioni, controllando che vengano eseguite adeguate e numerose "ammorsature" tra il "vecchio" e il "nuovo"; si deve, infine, richiamare (purtroppo!) l'attenzione di tutti quei giovani tecnici predisposti al controllo ed alla corretta esecuzione delle lavorazioni sulla inderogabilità ad una adeguata bagnatura preventiva dei blocchi che saranno utilizzati, come anche sulla necessità della esecuzione dei letti verticali di malta e non solo di quelli orizzontali.

Piattabande di porte e finestre

(fig. 12) non c'è alcuna preferenza sulle tipologie costruttive più diffuse per la realizzazione delle piattabande dei vani interni; ma, se dobbiamo realizzare una piattabanda di una finestra o di un balcone, quasi sempre ci troviamo di fronte a cornici, decorazioni e cimase di protezione esterna che non possiamo assolutamente rimuovere o distruggere; in questi casi o realizziamo la piattabanda al di sopra delle decorazioni (fig. 13), se abbiamo lo spazio sufficiente con l'eventuale mensola/balcone o con il solaio superiore, ovvero (fig. 14) realizziamo la piattabanda con micro perforazioni armate, incrociate ed inclinate nei diversi piani, facendo attenzione a non impegnare la decorazione, eventualmente con la sola aggiunta di un profilato incastrato nella muratura interna e collegato con alcune barre di armatura.

Uno degli errori che si commettono con maggiore frequenza nella esecuzione di questa lavorazione, che per molti può sembrare banale ma che ha, come vedremo subito dopo, una sua importanza ai fini di un corretto intervento di miglioramento o di adeguamento antisismico, è l'inadeguatezza dell'approfondimento degli appoggi, o dei profilati metallici o del cls, all'interno della muratura; anche nel caso di finestrini o di piccoli vani, gli appoggi devono essere sempre = 40 cm almeno, con un rapporto da rispettare, che, cioè, per luci superiori a 1,20 m "l appoggio = 1/3 L vano"; questa esigenza nasce da una serie di considerazioni:

- la prima è che si aumenta la superficie di appoggio della piattabanda e, perciò, si riduce sensibilmente la tensione di scarico sulla muratura sottostante, evitando quei fenomeni di schiacciamento così frequenti negli spigoli e così antiestetici; la seconda, più importante, è di carattere statico e si riferisce al fatto che la piattabanda non serve solo ed esclusivamente a sostenere i carichi immediatamente soprastanti ma svolge una funzione di collegamento tra i setti murari contigui, quelli che per Normativa assorbono nel loro piano le sollecitazioni sismiche; queste sollecitazioni dovrebbero essere distribuite dalle "fasce di piano" di muratura, ma, poiché la muratura non resiste a trazione, questo compito lo si deve assegnare alle piattabande;

  • un'altra "scorrettezza" sostanziale, che spesso viene commessa, è la mancata realizzazione dei così detti "cuscini di appoggio" della piattabanda; devono sempre essere realizzati per creare una zona di passaggio o di trasferimento di tensioni che si trasmettono al contatto tra materiali molto diversi tra loro per caratteristiche intrinseche;
  • in ultimo si devono controllare che i profilati metallici utilizzati per la realizzazione delle piattabande devono sempre essere pretrattati con almeno due mani di antiossidante, ma non solo sulle facce esterne e, quindi, prima che vengano posti in opera; è molto importante, in questa come nelle prossime regole pratiche che saranno suggerite, che queste regole devono essere raccomandate più volte in cantiere agli operai che dovranno eseguire quella lavorazione specifica, spiegando fin nei minimi particolari il modo nel quale deve essere realizzata quella lavorazione, in modo da non trovarsi mai di fronte al fatto compiuto ed irreversibile!
Telai di cerchiatura

(fig.15, fig.16A, fig.16B e fig.16C) è una soluzione molto interessante ed efficace perchè, dimensionando opportunamente i montanti con una verifica a taglio equivalente alla resistenza a taglio del "maschio murario" eliminato o da eliminare, si realizza una struttura "sostitutiva" della muratura demolita, che consente, quindi, di non considerare la muratura come eliminata, ma, viceversa, come se fosse ancora esistente e collaborante al funzionamento globale dell'edificio!

Se eseguita su un intero edificio, questo intervento potrebbe risolvere la frequente carenza di resistenza a compressione ed al taglio dovuta alla scorretta realizzazione di edifici con spessori murari ridotti o costruiti con materiali scadenti!

Può perciò essere considerata, così come la "sostruzione muraria" lo è per le zone a bassa sismicità, come l'intervento di miglioramento e/o di adeguamento antisismico ottimale utilizzabile nelle zone a media o alta sismicità, nel pieno rispetto delle caratteristiche termoigrometriche delle costruzioni in muratura!

Incroci murari

(fig.17, fig.18 e fig.19) (D.M. 20/11/87 al punto 1.3.1. e Circolare M.LL.PP. 4/1/89 n. 30787 comma 27) per contribuire a costituire una struttura reticolare a maglie chiuse pluriconnesse dobbiamo assicurarci che tutti gli incroci murari abbiano delle efficaci ammorsature tra le pareti murarie interessate o siano sottoposti ad un'intervento di "chiodatura"; questa può essere realizzata con delle perforazioni armate, dilazionabili nel tempo, ma sempre secondo un progetto esecutivo "di base" (vedi "Fascicolo di consolidamento"), relativo all'intero edificio e redatto da un tecnico esperto.

Fascicolo di consolidamento

Se supponessimo di prevedere, in un progetto esecutivo di un intero fabbricato in muratura, di un ipotetico "Fascicolo di consolidamento" appropriato ad ogni fabbricato (eventualmente aggregato al "Fascicolo del fabbricato" già adottato a Napoli) con:

  • Interventi in fondazione, così come quelli previsti nel capitolo precedente;
  • interventi di "sostruzione muraria", con la eliminazione, già citata, di vecchie canne, cavedi e camini, ricostituendo un integro tessuto murario, curando principalmente le ammorsature tra la vecchia e la nuova muratura, e la utilizzazione di malte comuni o idrauliche di pozzolana, o al massimo di malte "bastarde";
  • la cerchiatura di vani esistenti;
  • la esecuzione di nuovi solai o la trasformazione di quelli esistenti in orizzontamenti "infinitamente rigidi", come vedremo in seguito, completi di cordoli di piano o di coronamento in copertura;
  • la realizzazione di chiodature degli incroci murari, sia interni che esterni;

si potrebbe ipotizzare un consolidamento globale dell'edificio sottoposto a tale trattamento che ben resisterebbe ad eventi sismici futuri, ed anche di una certa intensità, pur mantenendo le proprie capacità termoigrometriche originarie.

Ogni fabbricato, insomma, dovrebbe dotarsi di un proprio "Fascicolo di consolidamento", redatto da un progettista esperto, che diventerebbe una sorta di vademecum per qualsiasi intervento, anche parziale e/o limitato ad un intervento di manutenzione straordinaria di un appartamento, che contribuirebbe a consolidare in modo omogeneo, nel tempo, quell'edificio, che si comporterà alla fine molto meglio una volta sottoposto a eventuali sollecitazioni sismiche, distorsioni termiche o normali assestamenti strutturali.

 

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